Il Tribunale di Rovereto, con la sentenza n. 193/2025, offre un intervento deciso su una tematica divenuta ricorrente nella giurisprudenza condominiale: la possibilità, per un singolo condomino, di installare impianti fotovoltaici sul tetto comune. La pronuncia si focalizza su un caso specifico riguardante un impianto posizionato unilateralmente, che occupava quasi tutta la superficie sfruttabile delle falde esposte al sole. Questa scelta ha avuto l’effetto pratico di impedire agli altri condomini la possibilità di realizzare sistemi simili.
Il principio di liceità e i limiti
La pronuncia prende le mosse da un principio fondamentale: l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili è considerata legittima in linea generale, anche se realizzata su beni comuni, come stabilito dall’articolo 1122-bis, comma 2, del Codice civile. Tuttavia, l’uso della cosa comune da parte di un singolo condomino deve sempre rispettare i limiti previsti dall’articolo 1102 del Codice civile, il quale vieta sia di alterare la destinazione del bene sia di impedire agli altri condòmini di utilizzarlo in modo analogo. Nella fattispecie analizzata, il Tribunale ha evidenziato che la collocazione e le dimensioni dell’impianto fotovoltaico installato hanno comportato un’occupazione quasi esclusiva del tetto comune, precludendo agli altri partecipanti al condominio la possibilità di trarne un beneficio equivalente.
L’uso intensivo e totalizzante del bene comune
Il giudice ha stabilito che l’utilizzo effettuato fosse di natura particolarmente intensa e totalizzante, risultando così in contrasto con le norme che regolano l’uso della proprietà comune. Sebbene l’installazione fosse tecnicamente compatibile con la struttura dell’edificio, essa ha finito per generare una forma implicita di esclusione nei confronti degli altri comproprietari. Secondo il Tribunale, il fatto che il singolo condomino abbia agito per soddisfare un proprio fabbisogno energetico risulta irrilevante. L’aspetto centrale, infatti, è rappresentato dall’impatto che l’uso individuale ha sui diritti degli altri.
Il rimedio: riduzione e riequilibrio
Di particolare interesse è la soluzione adottata dal Tribunale, che ha scelto un approccio equilibrato. Piuttosto che ordinare la completa rimozione dell’impianto, ha recepito gli esiti della consulenza tecnica, stabilendo una riduzione del numero di pannelli installati. Questa misura è stata progettata per consentire ad almeno due altri condomini di poter installare impianti autonomi. In questo modo, si è ripristinato un bilanciamento nell’uso del bene comune, preservando al contempo al resistente la possibilità di usufruire del suo impianto, seppur in forma ridotta.
Il profilo processuale e il contraddittorio
La sentenza si sofferma su un importante aspetto di natura processuale. Il Tribunale stabilisce che non è necessario coinvolgere tutti i comproprietari nel contraddittorio, poiché l’azione proposta non incide sulla configurazione della cosa comune, ma si limita a richiedere la rimozione di un uso improprio. Di conseguenza, trattandosi di un’azione mirata a preservare l’equilibrio condominiale ai sensi dell’articolo 1102, è sufficiente chiamare in giudizio solo il condomino che ha realizzato l’intervento contestato.
Il rilievo della pronuncia
La recente decisione del Tribunale di Rovereto assume un’importanza significativa sul piano sistemico. In un contesto in cui l’installazione di impianti fotovoltaici sta guadagnando sempre più terreno, anche negli ambiti condominiali, essa fornisce un utile e chiaro principio orientativo: l’azione individuale è ritenuta legittima solo nella misura in cui non pregiudica il diritto collettivo di tutti i condomini a beneficiare della stessa risorsa. Sebbene l’autoproduzione di energia sia fortemente promossa dal legislatore, questa non può tradursi in un uso esclusivamente egoistico dei beni comuni. Il principio di solidarietà condominiale non è una mera teoria astratta, bensì un fondamentale criterio giuridico, formalmente sancito e tutelato dall’articolo 1102 del Codice civile.