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L’amministratore uscente può essere obbligato con urgenza a restituire i documenti condominiali

Il Tribunale di Bari e la Restituzione Urgente dei Documenti Condominiali da Parte dell’Amministratore Uscente

Il Tribunale di Bari, con l’ordinanza emessa il 6 marzo 2025, ha ribadito ancora una volta l’importanza di una condotta improntata alla correttezza e alla buona fede da parte dell’amministratore, anche in relazione alla conclusione del mandato con i condòmini, qualunque ne sia la causa.

Nel provvedimento in esame, il Tribunale sottolinea che, anche in caso di revoca giudiziaria, l’amministratore è obbligato a restituire tempestivamente alla gestione condominiale la cassa contante e la documentazione di cui è in possesso, trattandosi di beni di proprietà legittima del condominio. In caso di inadempimento, è ammesso il ricorso a misure cautelari d’urgenza.

Inoltre, poiché tale obbligo dipende dalla collaborazione dell’amministratore, il quale non può essere sostituito in questa fase da un terzo, se l’amministratore ostacola il passaggio delle consegne, è prevista l’imposizione di una penale per ogni giorno di ritardo nell’adempimento dell’ordine.

La Vicenda Processuale

La società subentrata nella gestione di un condominio ha presentato un ricorso urgente al Tribunale di Bari, invocando l’art. 700 del Codice di Procedura Civile contro i due amministratori precedenti. Il ricorso mirava a ottenere la restituzione della documentazione condominiale e della cassa contante. L’amministratore che era stato revocato dalla giustizia si era rifiutato di restituire i beni, mentre l’altro, dimessosi volontariamente, aveva restituito solo una parte, impedendo al nuovo amministratore di svolgere correttamente il proprio mandato, danneggiando ulteriormente gli interessi dei condòmini.

Entrambi i resistenti si sono costituiti in giudizio, contestando l’improcedibilità della domanda per la mancata mediazione obbligatoria e l’inammissibilità della richiesta di tutela d’urgenza, chiedendo il rigetto del ricorso.

La Decisione del Tribunale

Il Tribunale di Bari ha accolto pienamente la richiesta urgente, ordinando ai precedenti amministratori di restituire immediatamente tutto quanto ancora in loro possesso, in quanto il mandato con il condominio era terminato. I due ex amministratori sono stati inoltre condannati al pagamento di una penale per ogni giorno di ritardo nell’adempimento dell’ordine di restituzione. Il Tribunale ha stabilito l’entità della penale tenendo conto del tempo necessario per il completamento della restituzione.

Procedibilità della Domanda Cautelare

Il Tribunale ha esaminato l’eccezione di improcedibilità, rigettandola, rilevando che la mediazione obbligatoria, pur essendo finalizzata alla deflazione del contenzioso, non preclude in alcun caso l’adozione di provvedimenti cautelari urgenti. Ha sottolineato che, pur privilegiando la risoluzione extragiudiziale, le esigenze cautelari possono prevalere quando è necessaria una risposta immediata (Tribunale di Latina, sentenza 23 aprile 2016).

Ammissibilità della Tutela Urgente

Per quanto riguarda la possibilità di adottare un provvedimento urgente ai sensi dell’art. 700 del Codice di Procedura Civile, il Tribunale ha ritenuto sussistenti i requisiti per concedere l’ordine di restituzione immediata, a tutela dell’interesse del condominio. Ha ribadito che, poiché l’amministratore di condominio ricopre un incarico simile al mandato con rappresentanza, si applicano le disposizioni del Codice Civile, in particolare l’art. 1713, che obbliga l’amministratore a restituire quanto ricevuto nel corso del mandato.

Cessazione del Mandato e Obbligo di Restituzione

A prescindere dalla causa che determina la cessazione del mandato (sia essa volontaria o per revoca), l’amministratore è tenuto a rendere conto della gestione e a restituire la documentazione e le somme di denaro ricevute per conto del condominio, come stabilito dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 10815/2000).

Inoltre, la mancata restituzione di tali documenti e fondi può arrecare grave danno al condominio, che si espone a rischi fiscali e non può esercitare correttamente il proprio ruolo di amministrazione.

Penale per Ritardo nell’Adempimento

Infine, il Tribunale ha imposto una penale di 20 euro per ogni giorno di ritardo nell’adempimento dell’ordine di restituzione. Tale misura è stata adottata per incentivare il rispetto dei tempi di restituzione e evitare che il ritardo possa estendersi oltre misura, danneggiando ulteriormente il condominio.

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Il diritto condominiale in modo concreto: il compenso dell’amministratore in caso di dimissioni o revoca

La Revoca dell’Amministratore Condominiale e la Questione del Compenso

La normativa condominiale prevede diverse disposizioni riguardanti la revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea condominiale, disciplinata dagli articoli 1129, 1130, 1131 e 1136, comma 4, del Codice civile, che stabiliscono la maggioranza necessaria per approvare tale decisione. Inoltre, le disposizioni attuative del Codice civile, in particolare gli articoli 64 e 69, integrano le regole relative alla revoca dell’amministratore.

Secondo la giurisprudenza, l’attività svolta dall’amministratore di condominio rientra nell’ambito del contratto di mandato, che si instaura tra l’amministratore stesso e i condòmini. Si specifica che le disposizioni sul mandato si applicano nel limite in cui non siano incompatibili con le normative specifiche relative alla gestione del condominio, la cui amministrazione si basa sulle decisioni prese dall’assemblea dei condòmini, in conformità all’articolo 1136 del Codice civile, e sull’esecuzione da parte dell’amministratore.

Revoca dell’Amministratore e Nomina di un Successore

Un aspetto importante riguarda l’applicabilità dell’articolo 1724 del Codice civile, che prevede la revoca tacita del mandato. La Corte Suprema ha chiarito che, in base all’articolo 1129 del Codice civile, l’amministratore può essere revocato in qualsiasi momento dall’assemblea, anche prima della scadenza annuale, senza necessità di motivazioni o giusta causa. Questo principio ha lo scopo di garantire che la gestione dei beni e dei servizi condominiali risponda costantemente agli interessi dei condòmini, permettendo all’assemblea di nominare un nuovo amministratore anche senza aver prima revocato formalmente il precedente (Cassazione, sentenza 9082/2014).

Occorre anche sottolineare che l’assemblea ha la facoltà di revocare l’amministratore e sostituirlo, anche in assenza di una giusta causa, e non solo in presenza di gravi irregolarità. È importante ricordare che l’amministratore può cessare il proprio incarico in qualsiasi momento, non solo alla scadenza annuale, ma anche in altre circostanze, in base alla propria volontà.

Il Compenso dell’Amministratore in Caso di Cessazione Anticipata

Una questione cruciale riguarda il pagamento del compenso dovuto all’amministratore quando il mandato termina prima della scadenza prevista. In queste situazioni, l’amministratore ha diritto al compenso concordato fino al momento in cui viene sostituito, come stabilito dalla Cassazione (sentenza 3588/1993). Pertanto, l’amministratore che rassegna le dimissioni ha diritto ad essere remunerato per le attività svolte fino alla nomina del successore.

In caso di revoca, il compenso dipende dalla presenza o meno di una giusta causa. Se la revoca avviene senza giusta causa, l’amministratore ha diritto a risarcimenti per i danni e al compenso per il periodo restante del mandato, in virtù dell’articolo 1725, comma 1, del Codice civile. La Corte Suprema ha stabilito che, se non vi è giusta causa, l’amministratore ha diritto al risarcimento (Cassazione, ordinanza 7874/2021).

La Determinazione del Compenso in Caso di Revoca

La questione del compenso in caso di revoca senza giusta causa resta oggetto di dibattito. Secondo alcune decisioni, il compenso dovuto per l’intero periodo del mandato deve essere comunque corrisposto (Tribunale di Bologna, sentenza 20786/2018), mentre altre sentenze si oppongono a questa interpretazione (Tribunale di Udine, sentenza 1015/2019). Tuttavia, recenti pronunce, come quella del Tribunale di Pisa (sentenza 590/2024), hanno riconosciuto all’amministratore revocato, privo di addebiti per negligenza, il diritto a un risarcimento corrispondente al compenso residuo per le mensilità rimanenti, dalla data della revoca fino alla scadenza del mandato.

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L’Amministratore sceglie il legale

L’articolo 5 ter del Dlgs 28/2010, introdotto dalla Riforma Cartabia, dispone che l’amministratore possa attivare un procedimento di mediazione, aderirvi e parteciparvi senza alcuna preventiva delibera assembleare autorizzativa. Quando l’oggetto rientra nella materia condominiale, la mediazione è condizione di procedibilità con la conseguenza che è necessaria la difesa tecnica. La norma della riforma inizialmente salutata come un’opportuna misura diretta a semplificare e snellire le procedure conciliative in materia condominiale, ha però poi ingenerato dubbi e perplessità operative.

Le nuove responsabilità in capo all’amministratore

Il promovimento o l’adesione a una mediazione, infatti, è una decisione che comporta scelte e spese, quanto meno le anticipazioni per la difesa tecnica, le indennità di mediazione, senza contare le conseguenze nell’eventuale futuro processo in tema di spese di lite, scelte e spese delle quali l’amministratore potrebbe essere chiamato a rispondere all’interno del condominio. In breve: a fronte di nuove facoltà, gravano sull’amministratore nuove responsabilità.

Una recente ordinanza della Corte Suprema (Cassazione 2119 del 29 gennaio 2025), nel riaffermare il principio che «L’amministratore condominiale ha un’autonoma legittimazione alla nomina del difensore del condominio amministrato, pur in assenza di preventiva autorizzazione assembleare, ove la controversia rientri nell’ambito delle attribuzioni di cui all’articolo 1131 Codice civile» contribuisce a limitare la portata del problema. Consente, infatti, di affermare che l’amministratore può procedere alla nomina di una legale senza autorizzazione assembleare almeno nei casi nei quali la controversia rientri tra le sue attribuzioni, principio che può trovare applicazione anche in riferimento al procedimento di mediazione.

La scelta del legale

Resta aperto il problema, per tutte le materie che non rientrano nelle attribuzioni dell’amministratore. In tema, vanno ricordate le due pronunzie della Sezioni unite (numero 18331 e numero 18332 del 2010) secondo le quali, in caso di controversie che non rientrano tra quelle che può proporre autonomamente, l’amministratore non è legittimato a resistere in giudizio senza una preventiva delibera ovvero senza una successiva ratifica assembleare. La mancanza di tale delibera determina l’inammissibilità della costituzione in giudizio con la conseguenza, tra le altre, che l’incarico conferito al legale non è riferibile al condominio.

La ratifica dell’intesa è riservata all’assemblea

Ci si deve chiedere se tali principi possano trovare applicazione anche in riferimento alla mediazione, che condivide con il processo alcune caratteristiche pur non essendo propriamente una fase processuale. La risposta dovrebbe essere affermativa in considerazione del principio che l’assemblea è l’organo decisionale sovrano del condominio. Potrebbe essere forse valorizzata l’ultima parte dell’articolo 5 ter citato, laddove riserva comunque all’assemblea l’approvazione o meno di un ipotetico accordo di mediazione, come ratifica implicita dell’operato dell’amministratore.

Ma anche tale interpretazione, non sarebbe sufficiente quanto meno in tutte le ipotesi di mancata approvazione dell’ipotetico accordo di mediazione; non vi sarebbe ratifica neppure implicita dell’operato dell’amministratore sul quale continuerebbero a gravare le responsabilità per le scelte compiute e per le spese sostenute. Non ci si può che rammaricare della mancata considerazione del problema nel correttivo della mediazione.

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La verifica della qualità dell’acqua è un obbligo per l’amministratore.

Molti professionisti si interrogano sull’effettivo obbligo per l’amministratore di condominio di garantire la salubrità dell’acqua, una questione che è emersa in seguito all’entrata in vigore del decreto 23 febbraio 2023, n. 18, relativo alla qualità delle acque destinate al consumo umano. Diverse interpretazioni hanno messo in discussione l’obbligatorietà di tale compito per gli amministratori di condominio, con alcuni che sostengono che il “gestore della distribuzione idrica interna” indicato nel decreto non sia l’amministratore, ma un’altra figura, e che il decreto stesso non riguardi la realtà condominiale.

L’amministratore come gestore della distribuzione idrica interna

Alcuni sostengono che l’amministratore non sia responsabile della distribuzione idrica interna, basandosi sull’articolo 2 del decreto che definisce il “gestore” come il proprietario, l’amministratore o qualsiasi altra figura incaricata della gestione dell’impianto idrico che distribuisce l’acqua tra il punto di consegna e quello di utilizzo. Essendo presente una lista di soggetti alternativi, alcuni ritengono che l’amministratore non debba per forza ricoprire tale ruolo. Tuttavia, la norma sembra essere stata scritta in modo ampio per adattarsi a varie situazioni, considerando diverse possibilità a seconda del contesto.

Gli impianti idrici come parti comuni

Secondo l’articolo 1117 del Codice civile, gli impianti idrici rientrano tra le parti comuni di un condominio. Inoltre, l’articolo 1130 stabilisce che l’amministratore abbia il compito di disciplinare l’uso delle cose comuni e di garantire la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio. La giurisprudenza supporta l’idea che l’amministratore abbia non solo il compito di gestire ma anche di custodire le parti comuni, inclusi gli impianti idrici, al fine di evitare danni a terzi o ai condòmini (Cassazione, sentenza 25251 del 16 ottobre 2008). Pertanto, non può essere ignorato che l’amministratore abbia la responsabilità di garantire che gli impianti idrici comuni non causino danni a persone o cose.

L’aspetto normativo speciale

Il decreto 18/2023 è una normativa speciale che integra le disposizioni del Codice civile in riferimento alla gestione degli impianti idrici all’interno degli edifici. L’articolo 2 comma 1 lettera h definisce “impianto idrico interno” come la rete che distribuisce l’acqua potabile dall’ingresso dell’edificio ai punti di utilizzo, come i rubinetti. Il confine della responsabilità è tracciato tra il “punto di consegna” (dove l’acqua è ceduta al condominio) e il punto di utilizzo (all’interno dell’edificio), spostando la responsabilità verso l’amministratore per quanto riguarda l’acqua una volta che entra nell’edificio.

La gestione del rischio e la sua applicabilità

Alcuni dubitano che il decreto si applichi ai condomini, poiché l’articolo 9 obbliga i gestori della distribuzione idrica interna a eseguire una valutazione del rischio solo per strutture particolari come scuole, ospedali e caserme, non includendo esplicitamente i condomini. Tuttavia, l’articolo 5 comma 3 del decreto chiarisce che il gestore interno, ossia l’amministratore, è responsabile di mantenere la qualità dell’acqua dal punto di consegna fino ai punti di utilizzo, in conformità con i parametri previsti dalla legge, senza distinzioni tra edifici.

Il regime sanzionatorio

Il decreto prevede sanzioni amministrative per l’amministratore che non adempie agli obblighi di qualità dell’acqua all’interno del condominio, con multe che vanno da 5.000 a 30.000 euro, come indicato nell’articolo 23 comma 1. Non applicare le disposizioni del decreto al condominio sarebbe incompatibile con l’articolo 1 del decreto, che mira alla protezione della salute umana dalla contaminazione dell’acqua destinata al consumo umano, definendo l’acqua potabile come quella destinata ad uso domestico, sia pubblico che privato.

In sintesi, l’amministratore di condominio ha la responsabilità di garantire che l’acqua fornita all’interno dell’edificio rispetti i parametri di salubrità previsti dalla legge, pena sanzioni economiche. Non adempiere a questi obblighi potrebbe comportare rischi per la salute pubblica, e per questo il decreto 18/2023 si applica anche al condominio, confermando il ruolo centrale dell’amministratore nella gestione degli impianti idrici comuni.

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PRIVACY: VIDEOSORVEGLIANZA, DIRITTI D’ACCESSO ALLE IMMAGINI E LIMITI LEGALI.

La videosorveglianza nei condomini: regole e accesso alle immagini

L’installazione di sistemi di videosorveglianza nei condomini è una pratica sempre più diffusa per aumentare la sicurezza delle aree comuni. Tuttavia, l’accesso alle registrazioni è strettamente regolamentato per proteggere la privacy dei residenti e di chiunque venga ripreso. Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR – Regolamento 679/2016) stabilisce principi rigorosi per la gestione dei dati personali raccolti tramite videosorveglianza.

La responsabilità del trattamento dei dati spetta ai condomini stessi, considerati contitolari del trattamento, che prendono le decisioni in assemblea. Essi devono rispettare i principi di liceità, correttezza e trasparenza, come indicato dall’articolo 5 del GDPR. L’amministratore, se designato come responsabile del trattamento, ha il compito di gestire le immagini in conformità con le normative e le decisioni dell’assemblea.

Il principio di minimizzazione dei dati

L’accesso alle immagini non è automatico, ma consentito solo in determinate circostanze legali. Il principio di minimizzazione dei dati, stabilito dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera c) del GDPR, richiede che “i dati personali siano adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati”. Ciò significa che l’accesso alle registrazioni è possibile solo se strettamente necessario, giustificato da un interesse legittimo e documentato.

Pertanto, un singolo condomino non ha il diritto automatico di visionare le immagini, a meno che non sia direttamente coinvolto in un evento specifico che giustifichi la richiesta. L’articolo 15 del GDPR riconosce il diritto di accesso ai dati personali, ma solo se il richiedente è direttamente interessato dalle informazioni e nel rispetto delle finalità stabilite dal condominio.

Utilizzo per scopi difensivi

È possibile richiedere l’accesso alle immagini per scopi difensivi nell’ambito di un procedimento legale. La legge consente di ottenere le registrazioni per tutelare un diritto in sede giudiziaria, in base all’articolo 391-quater del Codice di procedura penale, che prevede che “il difensore della persona offesa o dell’indagato possa acquisire documenti, dati e informazioni da soggetti pubblici o privati utili alle indagini difensive”. In questo caso, il richiedente deve incaricare un avvocato, che può presentare una richiesta formale per ottenere una copia delle immagini. L’accesso è limitato alle sole riprese necessarie per la difesa, escludendo la visione indiscriminata delle registrazioni.

Requisiti per la richiesta scritta

L’amministratore può autorizzare l’accesso alle immagini solo se il richiedente segue una procedura specifica. La richiesta deve essere presentata per iscritto dal condomino o dal suo legale e deve includere:

  • la data e l’ora della registrazione richiesta;
  • la motivazione della richiesta;
  • una dichiarazione che attesti che le immagini richieste lo riguardano direttamente o che sono necessarie per un’indagine difensiva.

L’amministratore deve valutare l’ammissibilità della richiesta. Se conforme alla normativa, il responsabile del trattamento, designato ai sensi dell’articolo 28 del GDPR, estrapola le immagini, assicurando che non vengano trattati dati eccedenti rispetto allo scopo della richiesta. Se le immagini riguardano aree comuni, devono essere adottate misure per oscurare eventuali soggetti terzi non coinvolti.

Tempi di risposta

L’amministratore deve rispondere alla richiesta entro 30 giorni, come previsto dall’articolo 12 del GDPR. In caso di rifiuto, il condomino riceverà una comunicazione scritta con le ragioni del diniego. Se la richiesta viene accolta, l’accesso alle immagini sarà consentito presso l’ufficio dell’amministratore, senza la possibilità di ottenere copie, tranne nei casi specifici previsti dalla legge, come una richiesta da parte di un avvocato per indagini difensive o da un’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria, nei quali casi le immagini possono essere fornite su un supporto adeguato. La divulgazione delle immagini al di fuori di questi casi potrebbe costituire un trattamento illecito dei dati personali, in violazione dell’articolo 6 del GDPR, che definisce le basi giuridiche per un trattamento lecito.

Acquisizione per indagini

L’articolo 373 del Codice di procedura penale stabilisce che, in caso di acquisizione delle immagini per indagini, deve essere redatto un verbale dettagliato con data, ora, luogo e modalità di acquisizione delle registrazioni. Questo documento garantisce la tracciabilità e la trasparenza del processo di estrapolazione delle immagini.

Le immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza devono essere conservate per un periodo limitato. L’articolo 5, paragrafo 1, lettera e) del GDPR stabilisce il principio di limitazione della conservazione, secondo cui “i dati personali devono essere conservati per un arco di tempo non superiore a quello necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati”.

Durata massima della conservazione

Le Linee Guida 3/2019 dell’EDPB e le FAQ del Garante Privacy del 2020 indicano che il periodo massimo di conservazione delle immagini è generalmente di 7 giorni, che si riduce a 72 ore in presenza di un dipendente, in base all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Eventuali estensioni possono essere concesse solo per esigenze specifiche, come un’indagine in corso, e devono essere adeguatamente documentate.

L’amministratore è inoltre tenuto ad adottare misure di sicurezza adeguate per garantire che l’accesso alle immagini sia controllato e riservato ai soli soggetti autorizzati. L’articolo 32 del GDPR impone l’adozione di “misure tecniche e organizzative adeguate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio”, tra cui l’uso di sistemi di autenticazione con credenziali univoche, la protezione dei dati tramite crittografia e la registrazione degli accessi per prevenire usi impropri delle informazioni raccolte.

Principali modifiche apportate:

  • Riformulazione delle frasi: Molte frasi sono state riscritte utilizzando una struttura diversa e un vocabolario alternativo.
  • Uso di sinonimi: Sono stati utilizzati sinonimi per sostituire parole e frasi, mantenendo lo stesso significato.
  • Riorganizzazione del testo: Alcune parti del testo sono state riorganizzate per migliorare la fluidità e la leggibilità.
  • Semplificazione del linguaggio: In alcuni punti, il linguaggio è stato semplificato per renderlo più accessibile.
  • Maggiore enfasi sulla responsabilità dei condomini: È stato chiarito il ruolo dei condomini come contitolari del trattamento dei dati.
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BUONE FESTE!!!

Tutto il nostro staff vi augura un Sereno Natale e un nuovo Anno ricco di successi e soddisfazioni!

Grazie per averci scelto: continueremo ad impegnarci per offrirvi il meglio anche nel 2025.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti voi!

 

Lo Staff.

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